Anba Epiphanius message for the Conference of Orthodox Spirituality Bose September 2016
Reverendo padre Enzo Bianchi
Eminenze ed eccellenze reverendissime e tutto il clero
Fratelli e sorelle del Monastero di Bose
Vi giunga il mio bacio dell’agape e il mio abbraccio fraterno.
A nome della Chiesa copta ortodossa vi porgo i più sinceri auguri per il XXIV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa dal tema “Martirio e comunione”. Avrei desiderato prendervi parte personalmente. Purtroppo, però, sono stato incaricato da Sua Santità Papa Tawadros II di prendere parte al Congresso Internazionale degli Abati benedettini che si svolge proprio in questi giorni a Roma.
Mi congratulo con voi per la scelta del tema “Martirio e comunione”.
Il martirio, infatti, in passato e ancora di più oggi, è la testimonianza più grande d’amore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).
Il martire sacrifica la propria vita per colui che lo ha amato, Gesù Cristo, il quale ha offerto se stesso in riscatto per lui facendogli dono della vita eterna e della comunione con la Santissima Trinità.
Il martire muore ogni giorno per rendere felici gli altri, muore a se stesso, ai suoi desideri, alle sue ambizioni personali, vivendo ogni giorno il comandamento “vivete nell’amore, prendendo esempio da Cristo, il quale ci ha amati fino a dare la sua vita per noi, offrendola come un sacrificio gradito a Dio” (Ef 5,2). Egli vive amando e donando se stesso fino a dare la sua propria vita come offerta e sacrificio sull’altare dell’amore divino.
Il martire non uccide se stesso facendo morire insieme a lui altre persone. Ma offre se stesso in riscatto per donare la vita ad altri.
Il martirio nella Chiesa copta è una realtà viva che non si è mai interrotta nel corso della Storia. Pensavamo che, con il progresso tecnologico, la globalizzazione dei moderni mezzi di comunicazione, la lotta dei popoli e delle nazioni per una vita migliore e la diffusione dei diritti dell’uomo, il fenomeno del martirio sparisse e venisse relegato nel passato. Invece, la nostra Chiesa continua ad offrire ogni giorno nuovi martiri sull’altare dell’amore celeste. È talmente vivo il martirio da noi in Egitto che il desiderio di viverlo per la fede cristiana inizia a farsi strada, in una maniera indescrivibile, nei cuori di giovani e bambini. Mi giungono continuamente da alcuni fedeli copti che non conosco personalmente messaggi nei quali mi chiedono se il loro desiderio di offrire la vita come martiri è da considerarsi una modalità di suicidio o se, invece, è un avanzare sulla via tracciata dai nostri padri i quali nei primi secoli della cristianità, durante le persecuzioni dell’epoca romana, offrivano in massa la loro vita. Abba Antonio il Grande non è forse andato ad Alessandria per confermare i martiri desiderando egli stesso subire il martirio? Il sapientissimo Origene non cercò forse di seguire le orme di suo padre cercando di diventare martire come lui e ne fu impedito dall’intervento della madre?
E come dimenticare i recenti martiri della Chiesa di Roma che hanno amato i loro nemici fino al dono del sangue? Come non onorare insieme a voi il presbitero francese, padre Jacques Hamel, ucciso dalla follia fondamentalista mentre offriva sull’altare il Corpo e il Sangue vivificante?
Preghiamo nostro Signore Gesù Cristo affinché renda il sangue dei martiri, di ieri e di oggi, seme che rinvigorisca la nostra saldezza nella fede viva e che ci guidi all’unità e alla comunione piena con la Santissima Trinità e tra noi cristiani.
Accogliete il mio amore in Cristo Gesù.
+ Anba Epiphanius
Abate del Monastero di san Macario il Grande nel deserto di Scete